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domenica 20 marzo 2011
Giuliano Amato a Che tempo che fa. Ecco la sua biografia
Questa sera alle ore 20.10 da Fabio Fazio, a Che tempo che fa, è ospite Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che è uscito in libreria con Dove andremo a finire - Dialoghi con Alessandro Barbano. L'intervento di Amato è stata una sorta di omelia forse troppo carica di retorica. Ha espresso la sua fiducia in un rinnovamento civile che non può essere sfiduciato, ed ha demonizzato l'intervento Italiano in Libia.
Ma chi è Giuliano Amato? Ecco una biografia tratta dal sito www.democrazialegalita.it.
"Scrivere su Giuliano Amato può rivelarsi un’impresa ardua soprattutto se si spera di cogliere la vera essenza del personaggio.
Per cominciare a parlare compiutamente del politico Giuliano Amato, astenendoci dal fronteggiare l’intellettuale, il giurista etc.., si dovrebbe ripercorrere la storia del partito socialista, quanto meno dall’avvento di Craxi fino al suo declino.
Giuliano Amato di Craxi ha seguito l’ascesa, ha condiviso lo splendore, ma pur condividendone, per sua stessa ammissione, anche tutte le responsabilità, non ne ha seguito il declino.
Per questo rimandiamo ad analisi approfondite fatte da chi quegli anni li ha analizzati più da vicino.
Ci sembra, tuttavia, che non si possa trascurare un aspetto legato a quello che molti, nel Psi di allora, hanno identificato come “il fascino di Craxi”.
Giuliano Amato capisce prima di altri che Craxi non ha solo la strategia giusta per il futuro del Psi ma anche la forza per realizzarla. Dirà, infatti, che Craxi “era riuscito a dare voce unica ai socialisti accrescendone enormemente la credibilità”, essendo l’unico in grado di “esprimere la posizione socialista e sovrastando ogni altra voce”. Pertanto, non appena risulta chiaro che Craxi è il Messia, lungamente atteso dal popolo del garofano, Giuliano si vota a diventarne il primo degli apostoli.
Meglio prendere “il Craxi per le corna” dice agli scettici compagni della corrente giolittiana e senza esitazione lo segue a Palazzo Chigi per avviare quella lunga stagione che porterà il partito dalla “felice ambivalenza” con la Dc, via “Milano da bere” e “onda lunga” fino allo schianto di Tangentopoli.
Amato nelle prime esperienze di governo a fianco di Craxi (prima come sottosegretario alla presidenza poi come ministro vede “emergere altre doti del personaggio” che “si rivelava in grado di imporsi anche in sede di governo” facendo “scelte salvifiche per l’economia nazionale” come l’abolizione della scala mobile.
Anni dopo il fine studioso Amato noterà che in quegli anni la forza di Craxi coincideva con la debolezza del Pci rimproverando al Psi di allora, di aver perso l’occasione per assumere la guida della sinistra. Lo farà con una metafora un po’ forte ma efficace – “invece di attendere che il cadavere del Pds passasse sul fiume, avremmo dovuto invocare noi le ragioni della convergenza.”
Sono frasi che a rileggerle oggi fanno un certo effetto perché bisogna ammettere che Amato quel “cadavere sul fiume” non ha mai smesso di aspettarlo. Peraltro la tanta agognata convergenza non riuscirà mai a realizzarla, tanto meno quando si è provato a impostarla sul suo nome. Conclusa nel 1993 la sua esperienza di governo Giuliano Amato accetterà di presiedere l’Antitrust e nel 1997 esaurito quest’incarico ed in assenza di nuova committenza tornerà per un po’ all’insegnamento. Sarà richiamato a corte da D’Alema nel 2000, prima come ministro e poi addirittura come suo successore a Palazzo Chigi. La grande occasione però l’avrà nel 2001 quando per un attimo il centrosinistra scommetterà su di lui come candidato premier.
Gli preferiranno Rutelli, il “Clinton de’ noantri”, un leader con minore esperienza e minore cultura politica, storica, giuridica etc.., uno che non sa parlare a braccio come lui, uno che si smarrisce lontano dalle sue fotocopie, ma che è forte dell’esperienza di sindaco di Roma e di un’immagine che “buca” nelle platee televisive. Rutelli perderà risparmiando ad Amato una figuraccia. Nel 2001, tuttavia, il vero sconfitto non sarà Rutelli, ma saranno i Ds, rei di 5 anni di governo vissuti all’insegna di relazioni molto pericolose e con quella che era un tempo “la gioiosa macchina da guerra” ridotta ad una “pianta nana” con solo il 16%. E così quando Fassino verrà eletto segretario dei Ds, Giuliano Amato potrà finalmente salutare il loro approdo nel “progetto più largo della casa dei riformisti”.
Il discorso sulla casa comune della sinistra, tuttavia, sarà rimandato e Amato andrà ad occuparsi della convenzione europea all’ombra del vecchio Giscard d’Estaing. Farà bene, come al solito, ma anche lì la vetrina non sarà la sua. Oggi che il partito maggiore della sinistra è alle prese con una nuova “traversata del deserto” c’è di nuovo Amato pronto a tendere la mano di là dal guado, ancora senza un partito, ancora senza una base di consenso radicata nel territorio, ma sempre con la stessa idea in testa - togliere agli ex-comunisti ogni velleità di egemonia sulla costellazione di sinistra ed ogni sicurezza sulla tenuta del loro storico “zoccolo duro”.
Torna dunque il sogno della convergenza incarnato oggi dal costituendo partito democratico ed il ruolo della sirena Amato lo interpreta insieme a Francesco Rutelli. Il contributo più concreto all’erosione dei Ds, tuttavia, glielo dà il premier Berlusconi con le incursioni del suo Giornale e con le sue risibili visite ai pm di Roma.
E se il partito democratico si dovesse infine realizzare sotto i suoi auspici e Rutelli ne sarà il segretario Amato per sè cosa vorrà? Tornerà di nuovo nel suo buen retiro di Ansedonia a mani vuote? In realtà gli hanno già proposto la poltrona di governatore, ma lui ha declinato come al solito con una metafora – “se si libera il posto di Sacchi al Real Madrid non per questo dovrei essere candidato anche a quello”, un modo contorto per dire che spera di essere candidato altrove. Il suo nome, infatti, è ormai da più di un mese fra quelli dei candidati al Colle. In questa corsa non ci sono primarie, inutile cercare regole, le candidature si fanno e si disfano con battute a margine dei convegni o con sortite dei giornali come quelle de“La Padania” che lo dà in pole position.
L’ex capo dello Stato Cossiga per esempio, già in sintonia con lui ai tempi di Eta Beta, vede in Amato l’uomo gradito a Berlusconi soprattutto nell’eventualità di una sconfitta del centrodestra alle politiche. L’ex-consigliere del Principe, il grande tessitore del centrosinistra fino ad oggi ha vivacchiato all’ombra dell’Ulivo. Se dovesse salire al Colle sarà in grado di interpretare il ruolo di garante della Costituzione che spetta al Capo dello Stato? Per rispondere e suffragare i nostri brutti presentimenti dovremo tornare indietro e invece di parlare di contenitori, come fa da vent’anni Giuliano Amato, spostare l’attenzione sui contenuti, sui requisiti minimi che dovrebbe avere una classe politica almeno presentabile. Alle inquietanti domande di questi giorni su etica e politica potrebbe rispondere raccontando la sua esperienza nel Psi. E cioè che quando Berlinguer poneva la questione morale tale tema era già stato cancellato dall’agenda del Psi perché come lui stesso ricorda “a Craxi quel tema non interessava, era un uomo di potere, attento anche ai poteri abusivi e nel Psi cominciavano ad emergere fenomeni negativi, ma non erano al centro della sua attenzione”. Per proteggere quei poteri Craxi affidava ad Amato il compito di preparare l’arma micidiale dei decreti-legge dunque non poteva essere il nostro a sollevare il problema dei finanziamenti illeciti che quei poteri indirizzavano al partito. Il suo dissenso ai tempi in cui Craxi sfidava persino gli americani negando loro la base di Sigonella, si manifestava semplicemente col silenzio. Sembra incredibile! Insomma il Giuliano Amato che conosciamo, quello che disserta su tutto, lo studioso, l’editorialista, il fine conversatore dalla metafora sempre pronta, quello che citerà Voltaire per giustificare la sua prolissità: - “Vi scrivo una lettera lunga perché non ho tempo di scriverne una breve”.
Giuliano Amato che tutto sapeva opponeva il suo silenzio al ras del partito e solo da quel silenzio carico di significati Craxi doveva intuire che lui non era d’accordo. Commovente. Così come fu commovente la difesa del segretario Bettino che il Giuliano Amato presidente del Consiglio fece il 17 dicembre 1992 dopo i primi avvisi di garanzia. Mentre fuori la gente assediava la sede di via del Corso al grido di “Ladri, ladri” Amato fece un discorso ai suoi compagni della direzione che non avrebbe stonato alla corte di Re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda.
Invocò per il suo Principe il più classico dei “tutti per uno, uno per tutti” sostenendo che “questa responsabilità, e qualunque responsabilità ci venga addebitata per questo ruolo, non è e non può essere solo tua, perché tu te la sei assunta per tutti noi e per far svolgere al partito il ruolo cruciale che esso ha svolto in questi anni. Le responsabilità tutte sono di tutti noi.”
Così si esprimeva Giuliano Amato. Può un politico che ha pronunciato a suo tempo una confessione così piena e completa della sua complicità con quel sistema illegale e degenerato, costruito dalla protervia di Craxi, essere oggi l’ispiratore della politica economica dell’Unione, della politica europea con gli Stati Uniti e può candidarsi a ricoprire niente meno che la più alta carica dello Stato? Ciò posto e tanto sinistramente premesso correrà l’obbligo di ammettere che l’uomo politico Amato ha anche dei meriti. Nel 1993 egli ha varato la prima delle manovre finanziarie “lacrime e sangue”, ha messo mano alla riforma delle pensioni, ha dato il via alla riforma in senso privatistico del rapporto di pubblico impiego, ha avviato le privatizzazioni in compagnia dei vari Draghi e Giavazzi, allora insediati al Ministero del Tesoro.
In quella situazione di emergenza per i conti pubblici ci voleva qualcuno che si prendesse l’onere di imboccare la strada della riduzione del debito a costo di un’impopolarità che oggi, secondo l’Economist, nessuno avrà il coraggio di rischiare. Amato anche allora non si tirò indietro e, finita l’opera di risanamento, annunciò il proprio ritiro dalla politica - “Non farò come certi che vogliono essere protagonisti del vecchio, del nuovo e del nuovissimo. Per cambiare dobbiamo trovare nuovi politici. Per questo confermo che ho deciso di lasciare la politica, dopo questa esperienza da primo ministro. Solo i mandarini vogliono restare sempre e io sono in Parlamento ormai da dieci anni”.
Migliore autoritratto il dottor Sottile non poteva concederci. In confronto tutti i giudizi velenosi che gli hanno riservato i suoi ex compagni socialisti e i suoi tanti compagni di viaggio sono zuccherini. Tutti zuccherini tranne uno. Quello di Craxi – “Amato? Un grande professionista a contratto” – [gli va riconosciuto] – “fa parte degli opportunisti che hanno strisciato e strisciano pancia a terra e mentono pur di salvare la pelle” – [severo, ma difficile da smentire] - “tutto può fare salvo che ergersi a giudice delle presunte [!!!!!] malefatte del Psi. [ingeneroso perché come abbiamo visto ha condiviso tali responsabilità anche dopo gli avvisi di garanzia] e infine – “forte delle sue amicizie e altolocate protezioni, a lui non è toccato nulla di nulla” – [se fosse vero è a dir poco inquietante che possa diventare Presidente della Repubblica]. A questo punto ci converrebbe quasi sperare che l’Unione perda le elezioni. In questo modo, stando a quanto dicono le malelingue, al Quirinale finirà per andarci lo zio Prodi con la benedizione dei suoi premurosi nipotini Veltroni e Rutelli che si sacrificherebbero a guidare il partito democratico. E Giuliano? Forse continuerà a fare il suggeritore che in fondo è quello che gli riesce meglio".
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