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lunedì 5 luglio 2010

BRANCHER DÀ LE DIMISSIONI E CHIEDE IL RITO ABBREVIATO.


Il ministro Aldo Brancher ha annunciato nell'aula del tribunale di Milano le proprie dimissioni da ministro. Brancher ha anche rinunciato al legittimo impedimento nell'ambito del processo per la tentata scalata alla Antonveneta. Aldo Brancher nell'anticipare le sue «dimissioni irrevocabili» da ministro «al fine di consentire una rapida chiusura della vicenda che mi riguarda», ha chiesto di poter essere giudicato con rito abbreviato incondizionato. Nel corso della breve dichiarazione spontanea Brancher ha spiegato al giudice della quinta sezione penale, Anna Maria Gatto, che «la mia presenza è un segno di rispetto per il tribunale. Sono qui a difendere la mia innocenza».

BERLUSCONI: «CONDIVIDO QUESTA DECISIONE» «Ho condiviso con Aldo Brancher la decisione di dimettersi da Ministro». Lo afferma il premier Silvio Berlusconi in una nota. «Conosco e apprezzo ormai da molti anni l'on. Brancher- prosegue- e so con quanta passione e capacità avrebbe potuto ricoprire il ruolo che gli era stato affidato. La volontà di evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali dimostra ancora una volta la sua volontà di operare esclusivamente per il bene del Paese e non già per interessi personali. Sono certo che superato questo momento l'on. Brancher potrà, come sempre, offrire il suo fattivo contributo all'operato del Governo e alla coalizione».

BRANCHER LASCIA IL PALAZZO DI GIUSTIZIA Il ministro dimissionario Aldo Brancher ha lasciato da poco il palazzo di giustizia di Milano dove si è presentato questa mattina per partecipare all'udienza di un filone del processo della vicenda della tentata scalata ad Antonventa, in cui è imputato insieme alla moglie. Brancher è uscito dall'aula da un ingresso secondario sfuggendo così ai molti giornalisti che lo attendevano. Brancher era accompagnato da due uomini che hanno detto di essere suoi vecchi amici. Il ministro dimissionario in aula, oltre ad aver annunciato che rimetterà il mandato conferitogli a giugno, ha rinunciato al legittimo impedimento che aveva invocato e ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato incondizionato.

PROCESSO CONTINUA A PORTE CHIUSE Continua a porte chiuse il processo in corso a Milano nei confronti di Aldo Brancher, il ministro dimissionario imputato insieme alla moglie per un filone dell'inchiesta sulla tentata scalata all'Antonveneta. Dopo la richiesta di essere giudicato con rito abbreviato, il presidente della quinta sezione del tribunale ha fatto uscire i numerosi giornalisti che erano in aula per proseguire con l'udienza. Il processo a questo punto verrà celebrato allo stato degli atti, cioè in base alle carte del fascicolo processuale. Si presume che in aula si stia concordando il calendario. Secondo i programmi preannunciati la sentenza dovrebbe arrivare entro fine mese.

BRANCHER, 17 GIORNI DA MINISTRO FRA LE POLEMICHE Diciassette giorni vissuti pericolosamente. Sono quelli della carriera ministeriale di Aldo Brancher, il cui decreto di nomina da parte del presidente della Repubblica è stato firmato il 18 giugno scorso. Oggi, nell'aula del tribunale di Milano, l'annuncio delle dimissioni. Lo stesso giorno della nomina, il ministro finisce nel mirino delle opposizioni, che paventano una soluzione studiata a fini processuali. Il 24 giugno, i legali di Brancher chiedono il rinvio dell'udienza nell'ambito del caso Antonveneta, adducendo il legittimo impedimento del neo titolare del Federalismo, che poi diventerè della Sussidiarietà e del decentramento. Immediate le polemiche, la più acuta delle quali a seguito di una nota del Quirinale, il 25 giugno, in cui si ricordava che Brancher era stato nominato ministro senza portafoglio. Il giorno dopo, Brancher rinuncia ad avvalersi della norma. Il 29 giugno, però, il Pd, con il capogruppo alla Camera, annuncia la presentazione di una mozione di sfiducia, che si sarebbe dovuta giovedì prossimo. Brancher, nato a Trichiana (Belluno) il 30 maggio 1943, è alla sua terza legislatura consecutiva. Da sempre considerato il trait d'union tra Silvio Berlusconi e la Lega, Brancher, dopo due esperienze da sottosegretario alle riforme nei precedenti esecutivi a guida berlusconiana, in questa legislatura ha seguito passo dopo passo l'iter della riforma da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Federalismo. Diplomato al liceo classico, con un baccellierato in teologia, Brancher, che è dirigente d'azienda, è stato uno degli uomini più vicini al presidente del Consiglio, a partire dalla collaborazione negli anni 80 con il gruppo Fininvest. È stato eletto nella circoscrizione Veneto 1 per il Popolo della libertà.

FRANCESCHINI: «VITTORIA DELLE OPPOSIZIONI» «Le dimissioni del ministro Brancher sono una vittoria del Pd e dell'opposizione e dimostrano che quando l'opposizione prende una iniziativa politica al di là dei numeri e dei rapporti di forza in parlamento, può ottenere dei risultati importanti». Lo afferma Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. «Penso, per come sono messe le cose, che questa volta - rileva - Berlusconi non possa ripetere la sceneggiata delle dimissioni respinte: il voto di giovedì fa troppa paura».

ALTA TENSIONE Resta alta la tensione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Se nei giorni scorsi era stato il premier ad usare parole pesanti contro il presidente della Camera, oggi è il co-fondatore del Pdl a passare al contrattacco. Nessuna intenzione di uscire dal partito, anzi, l'ex leader di An fa capire di essere pronto ad andare fino in fondo: «Noi - avverte in caso di rottura - non faremmo una An in sedicesimo, nascerebbe qualcosa di nuovo, c'è tanta gente alla finestra che aspetta». Un ragionamento, quello del presidente della Camera, riportato dal quotidiano La Repubblica, che scatena il putiferio all'interno del Pdl. Parole che non sarebbero certo passate inosservate nemmeno allo stesso Cavaliere che, uomini a lui vicini, descrivono decisamente irritato. Una reazione smentita però da palazzo Chigi: ancora una volta - si legge in una nota - si attribuiscono al presidente Berlusconi commenti su personaggi e fatti politici che non sono stati mai pronunciati. Ma nelle file azzurre del partito si fa fatica a contenere il malumore per l'atteggiamento dei finiani sui provvedimenti all'esame del Parlamento: dalla manovra del governo, fino alle intercettazioni. La settimana che si apre è dunque all'insegna delle fibrillazioni. Giovedì la Camera dovrà votare la mozione di sfiducia presenta da Idv e Pd contro il ministro del Decentramento Aldo Brancher. È su quel voto potrebbe esserci una prima prova di forza all'interno del Pdl. «Se qualcuno del partito dovesse votare sì alla mozione di sfiducia fa una scelta di campo e va all'opposizione», dice senza giri di parole Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del Programma. Un messaggio indirizzato ovviamente alla componente finiana. Stando a quanto circola nelle file del partito, gli uomini del presidente della Camera non dovrebbero votare contro ma, non presentarsi al voto. Ipotesi però che non verrebbe comunque giustificata dalla maggioranza del partito. Come faranno i finiani, si chiedono nel Pdl gli ex di Forza Italia, a giustificare un voto diverso dal gruppo quando Brancher ha rinunciato al legittimo impedimento e pare intenzionato a chiedere anche il rito abbreviato? Un argomento su cui starebbero riflettendo i finiani, con alcuni distinguo sul da farsi. In serata, tuttavia, il finiano Italo Bocchino, ospite della Festa dell'Unità, getta acqua sul fuoco: «non siamo scemi - dice - nessuno vuole votare contro il governo» chiarendo che l'obiettivo è quello di «rafforzare la maggioranza».

BRANCHER VERSO DIMISSIONI Aldo Brancher potrebbe rassegnare le dimissioni da ministro del Decentramento nei prossimi giorni. Voci in tal senso sono tornare a circolare in ambienti della maggioranza in serata dopo che questo tema era stato affrontato venerdì scorso al vertice del Pdl a Palazzo Grazioli. Un epilogo del genere renderebbe superflua la mozione di sfiducia, presentata dalle opposizioni, che dovrebbe essere votata giovedì prossimo dal Parlamento. Il passo indietro del ministro era stato chiesto anche da una parte del suo partito. Intanto, Brancher sembra intenzionato a presentarsi domani in udienza, a Milano, al processo sulla scalata della Banca Antonveneta, rinunciando così al legittimo impedimento che aveva acceso la polemica politica degli ultimi giorni. Brancher ha avuto oggi un incontro ad Arcore con il premier Silvio Berlusconi. L'ipotesi delle dimissioni del ministro per il Decentramento potrebbe essere collegata ad un possibile successibo minirimpasto, si ragiona sempre in ambienti della maggioranza, che dovrebbe portare anche ad una soluzione per la casella del ministero dello Sviluppo.


APPELLO DELLE IMPRESE «Le imprese fanno appello al Parlamento e al Governo, al Presidente Berlusconi e al Ministro Tremonti affinchè vengano modificate queste norme, che, nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all'evasione». Confindustria e Rete Imprese Italia, che riunisce Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti, lanciano un allarme congiunto su alcune norme fiscali della manovra economica (su compensazione debiti-crediti e su limiti a rimborsi fiscali) che - spiegano in una nota unitaria - rischiano di creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere «conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese».

FORTI PREOCCUPAZIONI Confindustria e Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti) - è scritto nella nota congiunta - «ribadiscono le preoccupazioni già espresse nei giorni scorsi, in merito alle misure contenute nella manovra finanziaria relative alla riscossione (art. 38) e alla compensazione dei debiti e crediti fiscali (art.31)». Le norme sono altamente tecniche e sono state introdotte indicandole come misure anti-evasione. Ma le imprese ritengono che siano troppo decise e mettano in difficoltà soprattutto le Pmi: Inoltre, le soluzioni finora indicate non sarebbero sufficienti ad evitare problemi per le imprese. «La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione - è scritto nella nota - non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni. Se passasse questa norma, il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate».

BONAIUTI: NESSUNO SCONTRO PREMIER-TREMONTI «Il titolo di apertura del 'Corriere della Sera' relativo allo scontro tra il presidente del Consiglio ed il ministro dell'Economia è assolutamente infondato». Lo afferma Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio aggiungendo che «la collaborazione tra il presidente Berlusconi ed il ministro Tremonti si basa su una solida amicizia e sulla condivisione totale dell'azione di Governo». «Spiace rilevare - prosegue Bonaiuti che in mattinata ha sentito sia Berlusconi che Tremonti - che la pubblicazione di una notizia importante come quella di stamane, e su un tema tanto delicato per tutti come la manovra per la stabilizzazione del pubblico bilancio, non è nell'interesse del paese».

ERRANI: NECESSITA' CAMBIARE LA MANOVRA «La cortina fumogena alzata in queste ore serve a coprire una manovra che per le Regioni e gli enti locali è insostenibile e che finirebbe per penalizzare i cittadini»: lo afferma il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che ribadisce: «la manovra varata rischia di tagliare le gambe al federalismo fiscale, è squilibrata perchè pesa per l'80% su regioni ed enti locali e finirà per ricadere su servizi pubblici essenziali per i cittadini». «Per questo - aggiunge Errani - Regioni ed enti locali hanno chiesto un incontro urgente al Presidente del Consiglio, al quale torno a sottolineare che cambiare la manovra è per le Regioni e gli enti locali una necessità».

SAPPE CHIEDE DIMISSIONI AZZOLLINI Il Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, si dice «sconcertato dall'emendamento presentato dal senatore Azzolini presidente della Commissione Bilancio del Senato, che prevede il taglio delle tredicesime alle Forze dell'Ordine ed ai Vigili del Fuoco». E malgrado l'ipotesi sia stata smentita dal presidente del Consiglio, in una nota chiede le dimissioni del senatore. «Con una presa di posizione inaccettabile - afferma il segretario nazionale Federico Pilagatti riferendosi ad Azzolini - si è scagliato contro le donne e gli uomini in divisa che rischiano giornalmente la vita per 1200 euro al mese, e che aspettano il rinnovo del loro contratto da quasi tre anni». «Appare peraltro incredibile - afferma ancora - mettere sullo stesso piano, categorie di lavoratori che hanno differenze abissali sulla propria busta paga».

Fonte: leggo.it

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