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venerdì 17 dicembre 2010

Larry king appende le bretelle al chiodo


New York. A giugno la CNN ha festeggiato i venticinque anni del "Larry King Live" con una raffica di puntate con ospiti del calibro di Barack Obama, LeBron James, Bill Gates e Lady Gaga, un incontro, quest'ultimo, nel quale intervistato e intervistatore si guardavano con lo stesso stupore con cui un umano guarderebbe una forma di vita aliena.
L’annuncio della chiusura del programma era arrivato all’improvviso alla fine di giugno: Larry King smette di condurre un programma che è andato in onda ogni sera dalle ventuno di quel 1 giugno 1985. "E' ora che io appenda le mie bretelle al chiodo" ha detto in quell’occasione ai telespettatori.
E giovedì 16 dicembre sarà, appunto, il giorno dell'ultima puntata, bretelle e tutto il resto appesi al chiodo. Per l'occasione si schiereranno truppe stellari, ma niente anticipazioni, né nomi né altro; ci si aspettano però grandi cose, in un clima di forte emozione.
Fino a questo momento è stato un commiato alquanto sottotono. La macchina promozionale di un network può fare un bel po' di rumore su qualsiasi cosa, se vuole. Ma la CNN non si sta prendendo troppo disturbo: dal momento che a giugno ha reso omaggio a King in abbondanza, già da prima che l'interessato in persona annunciasse la dipartita dallo schermo, la CNN lo tratta adesso un po' da star sul viale del tramonto, un capitolo che la rete vuole archiviare con una certa fretta.
Oggi come oggi gli occhi sono tutti puntati su Piers Morgan, l'uomo nuovo di Cnn, nominato, appunto, a giugno. Morgan, 45 anni, giornalista e vip della tv, inglese di passaporto, e noto in America in quanto giudice del talent "America's Got Talent", promette che il programma "Piers Morgan Tonight" sarà "forte e in qualche modo pericoloso".
E' lui il futuro, o almeno è questo che la Cnn spera.
Larry King, che non è mai stato né "forte" né "pericoloso", né per altro ha mai tentato di esserlo, è evidentemente roba vecchia per la sua rete.
Certo, certo, sarebbe facile dire adesso che ha aspettato pure troppo ad appendere al chiodo quelle sante bretelle.
Se una volta era il primo nella classifica dei telegiornalisti, ora occupa il terzo posto, dopo Sean Hannity di Fox News e Rachel Maddow di MSNBC. Il suo programma fa 700 mila spettatori di media, meno della metà dell'audience della sua annata migliore, che fu il 1998, quando il "Larry King Show" portava a casa il suo milione e 640 mila spettatori.
Ma basterebbe buttare un occhio al 2003, con quel milione e 540 mila persone davanti alla tv - per lui.
Facile da convincere e poco incline alla polemica, Larry King, con quel suo fare da uomo della strada, sembra superato in un'era di conduttori televisivi sgradevoli, pressanti e insidiosi.
"Faccio domande brevi, non ho pretese di intellettualismi, non fingo di sapere tutto" diceva qualche anno fa nel tentativo di spiegare il suo modo di fare il giornalista. "E invece di 'Che mi dice di Ginevra o Cuba?' io chiedo: ‘Presidente, mi dica cosa non le piace del suo lavoro', o 'Qual è l'errore più grande che ha commesso?'. E' più interessante".
Interessante, certo, finché non diventa fiacco e privo di mordente, lo stile di uno che ha messo il pilota automatico.
Per questo i telespettatori hanno cominciato a perdere la pazienza davanti a quel Larry King così accomodante, secchione e incollato a uno standard di domanda-risposta con l'ospite.
La settimana scorsa, il nostro ha avuto l'occasione di intervistare Wesley Snipes pochi giorni prima che lo mettessero dentro per tre anni per una storia di mancata presentazione di denuncia dei redditi. Gran parte della puntata se ne è andata appresso a Snipes che si lagnava di come lo avevano trattato male i media americani e il sistema giudiziario. King ha dato l'impressione di non essere abbastanza pronto ad andare al nocciolo della questione, ovvero come cavolo aveva fatto uno come Snipes a cacciarsi in un guaio del genere.
La famosa tendenza di Larry King a evitare di prepararsi troppo, per arrivare 'pulito', senza troppe informazioni ad appesantirlo, davanti a un intervistato, negli ultimi anni ha cominciato a segnare il passo. Le gaffes lo hanno fatto sembrare un po' fuori del mondo. O peggio (basti ricordare la battuta micidiale di Jerry Seinfeld di qualche tempo fa: "Larry, ti ricordi chi sono?")
All'inizio il "Larry Kining Live" aveva base a Washington e solo questo bastava a dare al programma un certo non so che di impegno. E anche lui aveva il suo peso: sembrava essere colui, attraverso il quale i parrucconi parlavano al popolo, cosa che succedeva davvero, per cui ogni puntata sembrava essere il posto dove succedono le cose, dove si crea la notizia. Poi nel 1997 si è spostato a Los Angeles, cosa che sembrò un fare l'occhiolino allo showbiz, per non parlare della maggiore comodità per King stesso, che, da creatura della notte, si trasformò in un tizio qualsiasi con un programma preserale.
Giovedì il planisfero alle sue spalle si spegnerà. La fine del "Larry King Live" è certo la fine di un'epoca culturale, la fine di una corsa di tutto rispetto e Larry King rimarrà per sempre il pioniere con le bretelle della televisione moderna.
Oggi ci dice di aver fatto più di 50 mila interviste in cinquant'anni di carriera. Può essere. Forse sarebbe stato meglio se si fosse fermato un paio di migliaia di interviste fa. Ma ciò non significa che non ci mancherà, quando se ne sarà andato, insieme alle sue bretelle e a quel rassicurante spazio nell'etere per migliaia di ospiti.

fonte : http://www.tg3.rai.it/dl/tg3/articoli/ContentItem-bf9a0a35-eff7-4566-b9ec-bc7a28951c68.html

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